IL MIO INSEGNAMENTO NEI CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA

 

Premessa

In queste pagine che seguono, tratte dalla mia ricerca: Insegnamento dell’Italiano in Baviera, (a cui farò riferimento nelle note tra parentesi) desidero dare alcune notizie sulla mia principale attività professionale, svolta dall’anno scolastico 1979/80 fino al 31 luglio 2008 parallelamente all’insegnamento universitario, tuttora da me svolto. Si tratta dei Corsi di Lingua e Cultura italiana, da me tenuti per conto del Ministero della Cultura Bavarese, in collaborazione con il Consolato Generale di Monaco di Baviera, in favore degli alunni italiani frequentanti la scuola dell'obbligo delle città di Kempten (in cui risiedo dal 1965), Sonthofen, Immenstadt, Lindenberg, Lindau, Memmingen e dintorni. 

Città situate nel distretto bavarese della Svevia, e precisamente in Algovia; con una popolazione che oscilla dagli undicimila abitanti di Lindenberg ai circa venticinquemila di Lindau e che arriva ai sessantaduemila abitanti di Kempten, l’antica Cambodunum. Città con una buona presenza di connazionali, attirati, specie negli anni passati, dalle possibilità di lavoro offerte dalle locali industrie tessili, alimentari e meccaniche.  

Attualmente, moltissimi italiani si dedicano alla gastronomia, ma non manca anche un discreto numero di liberi professionisti. Ed in questo senso l’approccio tra le famiglie italiane e la scuola, nel corso degli anni del mio insegnamento è sensibilmente cambiato e continua ad evolversi, dato che, se prima la scuola e gli insegnanti, avevano contatti, prevalentemente, con famiglie di operai spesso non qualificati, adesso devono confrontarsi e, talvolta, “scontrarsi” con italiani di seconda e terza generazione, che possiedono un’istruzione superiore, una ditta, uno studio…  

 

1. Strutturazione dei corsi, scuole di provenienza, numero degli alunni, profitto  

Durante gli anni d’insegnamento le lezioni da me impartite erano articolate in cinque livelli di apprendimento: i primi tre erano rivolti agli alunni della scuola primaria (Grundschule), i due livelli di apprendimento superiori agli studenti del livello secondario inferiore, frequentanti l'Hauptschule, la Realschule, la Wirtschaftsschule e il Gymnasium (vedi: tav. 2, pag. 2 e schema all'inizio della pagina 6).  Tutti i gruppi di alunni in quei miei anni di insegnamento usufruivano di due o tre ore di lezioni settimanali e provenivano da alcune dozzine di scuole dei dintorni, poste talvolta anche a più di dieci chilometri di distanza dalle varie sedi delle lezioni. Alcuni scolari arrivavavano, addirittura, dalla vicina Austria. Fino al 2000 avevo una presenza media annuale di cento alunni. Successivamente la percentuale di frequenza diminuì a causa di tanti motivi imputabili a diversi fattori. Il voto medio dei miei alunni, in quegli anni era  quasi sempre sul “discreto” (vedi: tabelle in fondo al documento e tab. 4, 5 e 6, alle pagine 6 e 7 della ricerca).

2. Finalità dei corsi

In queste mie lezioni cercavo di far mantenere e potenziare la competenza linguistica passiva e attiva dei miei alunni, conscio del fatto che l’approfondimento della lingua della famiglia di appartenenza li avrebbe avvicinati, legati maggiormente ai loro parenti, evitando loro uno sradicamento sociale e culturale. E in base alla mia esperienza posso testimoniare che, se da un lato, all’inizio di ogni anno scolastico mi vedevo dinanzi un paio di alunni che mi raccontavano di aver atteso con ansia il ritorno in Germania dopo le ferie estive, me ne ritrovavo davanti anche un buon numero entusiasta per aver potuto finalmente capire cosa raccontavano loro i nonni, gli zii, ma, soprattutto, i loro cugini siciliani o calabresi e che non vedevano l’ora di ritornare in vacanza in Italia.  

3. Materiali ed infrastrutture a disposizione  

Per ciò che riguarda i libri di testo da me usati, tengo a precisare che, dipendendo in quegli anni i corsi di italiano dalle autorità scolastiche locali, non solo il programma, ma anche gli insegnanti, le infrastrutture, il materiale e i testi e i sussidi didattici da utilizzare nelle lezioni erano di esclusiva competenza delle autorità scolastiche bavaresi. Comunque, nei miei quasi trent’anni di servizio ebbi modo di crearmi un considerevole numero di testi e di sussidi didattici, anche perché, partecipando ai più importanti progetti e sperimentazioni di allora per l’aria germanofona, potevo accedere a molto materiale sia cartaceo che multimediale, che, puntualmente, mettevo a disposizione dei miei scolari e anche dei miei studenti universitari. Per ciò che riguarda la struttura delle aule in cui avevano luogo le mie lezioni pomeridiane, si trattava per lo più di sale utilizzate la mattina per le lezioni regolari. Quelle aule, sia a livello elementare sia medio, disponevano di un’ampia lavagna scorrevole verticalmente, di una lavagna luminosa, di un registratore e di un collegamento audio. Inoltre, facendone richiesta a tempo debito, potevo avere a disposizione un televisore collegato all’antenna di ricezione e un videoregistratore. Le aule erano fornite anche di un lavandino con rispettivo specchio e avevano, in genere, delle ampie e luminose finestre. In alcune scuole, inoltre, avevo la possibilità di accedere, addirittura, alle sale multimediali e questo, chiaramente, incrementava l’interesse degli alunni, per l’opportunità che veniva offerta loro di lavorare al computer per l’esecuzione di alcuni compiti o per navigare in internet. Tra il materiale inoltre messomi a disposizione  dal Ministero degli Esteri ricordo con piacere un  cospicuo numero di testi alla realizzazione dei quali avevo partecipato (vedi il mio curriculum al punto: progetti) e anche un lettore per CD-I con relativi dischi prodotti dallo IARD di Milano, che almeno, per alcuni anni, si rivelarono veramente interessanti e coinvolgenti. Ma anche molti testi e sussidi didattici messimi a disposizione dai vari organismi scolastici di emanazione consolare di cui facevo e tuttora faccio parte mi furono utili e spero che lo siano anche agli insegnanti che, seppur non più alle dipendenze del ministero bavarese ma da enti scolastici italiani, attualmente, tengono i corsi nelle sedi da me occupate in quegli anni e, credo, abbiano la facoltà di utilizzare quei testi. Ogni anno, inoltre, facevo predisporre ai miei alunni un raccoglitore ad anelli in cui potevano inserire gli schemi e gli esercizi settimanali. In buste trasparenti apposite vi erano anche dei formulari per le giustificazioni per le assenze, uno in cui scrivevo dei giudizi sintetici semestrali, un indice dei temi trattati, un diario per i compiti e un frontespizio illustrato (confronta: pagine 8 e 9).  

4. Temi trattati  

Per ciò che riguarda i temi e le strutture grammaticali da me proposti, devo ricordare che, trovandomi quotidianamente di fronte più gruppi di apprendimento contemporaneamente, dovevo elaborare degli esercizi con tema e strutture grammaticali uguali anche se, ovviamente, calibrati all’età, e con contenuti morfosintattici e lessicali via via più complessi. Tante è vero che, talvolta, alcuni alunni mi chiedevano come mai stessimo trattando di nuovo, p. es., gli ausiliari, da loro già studiati nel livello inferiore. Spesso allora approfittavo di questa domanda per assegnare loro l’incarico, subito dopo la mia spiegazione, di aiutare e consigliare i compagni più piccoli e meno competenti nella fase iniziale dello svolgimento dell’esercizio, da loro eseguito, l’anno prima e, successivamente, di svolgere il loro compito, chiaramente, più articolato. In questo modo, spesso, potevo raggiungere più obiettivi. Innanzi tutto riuscivo, in genere, a motivare maggiormente  i  più  competenti assegnando loro un incarico, che toglieva loro l’impressione del già fatto e che,  pertanto, li faceva sentire più importanti agli occhi dei compagni meno esperti. In più aveva  luogo per loro stessi una fase di rinforzo delle mie spiegazioni in quanto da tutor avevano la possibilità di ripetere ai loro compagni quanto da me precedentemente detto, chiarendolo anche alla luce delle esperienze da loro fatte precedentemente. Queste spiegazioni (spesso in tedesco), da loro date ai compagni che conoscevano poco l’italiano, li metteva, in effetti, nella condizione di riflettere, non solo su quanto, ma anche su come stavano spiegando il compito, e quindi di fissare meglio, loro stessi, l’argomento di cui stavano riferendo. Di conseguenza: mentre aiutavano gli altri, aiutavano se stessi. Non è da sottovalutare poi il rapporto amichevole che, sovente, si veniva a creare fra questi alunni, che provenendo, spesso, da classi, scuole, ma anche da città diverse, da famiglie di diversa estrazione sociale, si incontravano, di solito, soltanto una volta alla settimana. Per non parlare poi delle amicizie che nascevano tra le loro famiglie.Ma passiamo adesso all’esame di alcuni temi e compiti assegnati al primo gruppo di apprendimento.  

5. Esempi di temi svolti con alunni della scuola primaria  

Come detto precedentemente, all’inizio dell’anno dividevo i miei scolari del livello primario in tre gruppi di apprendimento. Nel primo gruppo gli alunni di 1. classe, nel secondo gli scolari di seconda; nel terzo livello di apprendimento, infine, alunni di terza classe con corrispondenti competenze linguistiche, sia passive che attive. Per ciò che riguarda i temi e gli esercizi da me proposti, allo scopo di evitare inutili ripetizioni in questa breve descrizione, per ogni gruppo mi soffermerò, di volta in volta, su esercizi differenti. Questo per il fatto che in, realtà, ogni settimana, eccezion fatta per il primo gruppo di apprendimento, con gli altri gruppi, trattavo i medesimi temi e facevo eseguire gli stessi esercizi, chiaramente, graduati in difficoltà.

5.1. Primo gruppo di apprendimento  

Nel primo gruppo, ritrovandomi davanti alunni che ancora dovevano essere alfabetizzati l’approccio era di tipo orale. E  temi privilegiati erano quelli vicini al loro mondo: feste familiari, giorni di festa, stagioni, tempo libero, giochi, esperienze scolastiche, vacanze in Italia… Per ciò che riguarda la lettura, nelle ultime settimane dell’anno scolastico, ne facevo eseguire qualcuna, invitando subito dopo gli alunni a rispondere per costatare il loro livello di comprensione del testo e a stimolare la loro capacità di espressione orale, facendo usare alcune semplici forme verbali, i numerali, gli aggettivi qualificativi, qualche modo di dire: Quanti anni hai? (in tedesco: *quanto sei vecchio? = wie alt bist du? Brevi esercizi di scrittura (comprensione, collocazione spaziale…) sotto forma di integrazioni di parole, di individuazione di lettere, ecc. servivano a rinforzare le competenze acquisite.  

5.2. Secondo gruppo di apprendimento  

In questo secondo gruppo inserivo, oltre agli alunni di 2. classe  anche diversi scolari di 3. classe. Questo lo facevo allo scopo di consentire ai più deboli di recuperare qualche carenza ancora presente. Anche perché alcune famiglie, malgrado le numerose circolari inviate da me, dal Consolato Generale di Monaco, e, chiaramente, dalle autorità scolastiche bavaresi, inviavano i loro figli alle lezioni di italiano dalla terza, se non addirittura dalla quarta classe in poi. A questo proposito ricordo una pagina in internet del competente Ministero Bavarese in cui veniva nuovamente chiarita quanto fosse fondamentale per gli alunni anche ai fini di un migliore apprendimento del tedesco il contatto con la propria lingua materna: „Aus wissenschaftlichen Untersuchungen geht hervor, dass der Aufbau einer Zweitsprache (Deutsch) leichter gelingt, wenn eine systematische Grundlage in den Kenntnissen einer Muttersprache vorliegt. Aus einer Muttersprache heraus ist das Erlernen einer Zweitsprache leichter und rascher vollziehbar“ (Studi scientifici hanno dimostrato che l’apprendimento di una lingua seconda riuscirà più facilmente in presenza di una sistematica padronanza delle strutture di base della lingua di provenienza. Partendo da una lingua materna, l’apprendimento di una L2 avverrà più facilmente e più rapidamente. Cfr.: Archivio  www.km.bayern.de) Purtroppo, come è vero che, a livello ufficiale, sia il Ministero per l’Istruzione e il Culto Bavarese sia i vari Provveditorati locali, l’Ambasciata e i Consolati Italiani esortavano  le famiglie ad inviare i loro figli alle lezioni di lingua materna, è anche vero, ahimè, che qualche direzione scolastica o qualche collega dessero (e non solo!), spesso, l’impressione di remare contro. (In ogni caso, negli anni Duemila il competente Ministero Bavarese, in analogia ad altri Länder tedeschi ha dichiarato che avrebbe utilizzato le risorse per gli alunni stranieri nel potenziamento dell’apprendimento della lingua tedesca, demandando alle autorità italiane l’organizzazione e l’onere finanziario dei corsi e limitandosi a mettere a disposizione le aule scolastiche). Ritornando al programma del secondo gruppo: in questo gruppo mi dovevo confrontare sovente con bambini provenienti da  matrimoni  misti, che non avevano frequentato il primo anno di lezioni. E, se da  una  parte  essi  erano stati  già  alfabetizzati in  tedesco, dall’altra  parte non avevano avuto la possibilità di fissare la differente pronunzia italiana di alcune consonanti e poligrammi (vedi: tab. 15, pag. 17). Di conseguenza, per questi discenti, dovevo elaborare particolari strategie atte a far recuperar loro ciò che i loro coetanei avevano già imparato, tenendo anche conto anche del fatto che non mi trovavo davanti bambini di prima classe. In questi casi, provvedevo a formare dei minigruppi misti in cui i più competenti in italiano aiutavano i meno competenti. Ma passiamo ora ai temi da me proposti. Per prima cosa, allo scopo di migliorare maggiormente la pronunzia di alcune lettere e poligrammi di suono differente, distribuivo una tabella contenente le maggiori difficoltà di pronunzia ad ampliamento di quelle comprese nell’alfabetiere (vedi: tav. 11, pag. 12) distribuito nel primo livello. Per migliorare poi e per fissare ulteriormente una corretta pronunzia della lingua, nella scelta delle letture, cercavo sempre di trovare dei brani contenenti, doppie (vedi: tav. 12, pag. 15), poligrammi e soprattutto molte consonanti con pronunzia diversa nelle due lingue. Per ciò che riguarda l’espressione orale, in questa fase gli alunni dovevano essere in grado di esprimersi con maggiore competenza, raccontando avvenimenti tratti dalla vita di ogni giorno, in famiglia, a scuola, ecc, usando anche qualche forma verbale al passato. Utilizzando inoltre tabelle da me all’uopo elaborate, facevo completare anche degli schemi con: articoli, nomi aggettivi (vedi: tav. 16, pag. 18). Per ciò che riguarda il potenziamento della competenza scritta, desidero chiarire subito una cosa: questi esercizi non mi servivano solo per migliorare l’ortografia dei miei alunni. Gli scopi che mi prefiggevo, in realtà erano molti di più. A mo’ di esempio, qui di seguito, descriverò quindi il modo in cui io e i miei scolari, nei livelli: 2., 3., e 4., eseguivamo un dettato o un esercizio di ortografia. Per prima cosa, introducevo l’argomento (che, spesso, coincideva con la stagione, con una festa vicina o trascorsa, con le vacanze, ecc., ma anche con un tema di attualità). Nella seconda fase leggevo ad alta voce il testo, chiedendo agli alunni di eseguirne contemporaneamente la lettura silenziosa. Passavo quindi all’osservazione dei punti più difficili, continuando con qualche domanda di controllo ed invitando infine alcuni scolari a rileggere a turno un brano del compito. Quindi facevo eseguire su un foglio la copiatura del testo, completa di nome, luogo, data ed intestazione completa (copiato + titolo). Durante l’esecuzione, passavo tra i banchi, invitando gli alunni a non indugiare troppo, dati i tempi ristretti. A copiatura conclusa, chiedevo agli scolari di mettere il testo da loro copiato a fianco di quello stampato nel libro o nel foglio da me distribuito e di leggere insieme il brano. Arrivati ai punti più caldi, facevo interrompere la lettura ed invitavo gli alunni a controllare se avevano scritto giusto quel digramma, ecc. Dopo aver concluso la lettura, invitavo gli alunni a mettere da parte i libri o i testi da me distribuiti, a girare il foglio dove avevano scritto il copiato e a scrivervi sul retro: dettato.  Quindi davo inizio alla dettatura del brano, ricordando loro che da quel momento non avrebbero dovuto: né aprire il libro, né controllare il testo distribuito, né voltare il foglio. Agli alunni più lenti nello scrivere ricordavo di lasciare degli spazi liberi da integrare successivamente. Poi eseguivo una seconda lettura del testo, invitando a controllare e, eventualmente, ad integrare con la stessa penna usata fino a quel momento. Conclusa quest’altra fase, invitavo gli scolari a conservare negli astucci le penne, a prenderne una con inchiostro verde, (Facevo usare la penna verde – quasi sempre una bic – tanto è vero, che, nel corso degli anni, più volte, mi son sentito chiamare, deamicisianamente,  Il maestro dalla penna verde”. Non vi dico poi dei sotterfugi dei più birichini che mettevano il cappuccio verde alla bic blu o nera per farla passare per verde, pensando che, tanto, da lontano, l’insegnante…). Quindi invitavo gli alunni ad aprire il libro (o a prendere il testo stampato) e ad eseguire l’autocorrezione con il verde, allo scopo di rendere riconoscibile la fase di questa correzione. In base al tempo a disposizione, facevo effettuare anche la caccia all’errore: ogni alunno doveva correggere a matita il compito del proprio vicino. Alla fine ritiravo i fogli degli elaborati e, tempo permettendo, davo un rapido controllo, anche per confermare l’esito (anche se non definitivo) della prova agli scolari. È chiaro che 90 minuti risultavano piuttosto scarsi per un esercizio del genere. Vi assicuro però che, normalmente, ci riuscivo. E questo, didatticamente parlando, a me sembra molto importante, dato che se io avessi rimandato la mia correzione alla settimana seguente, le impressioni vissute dagli alunni nelle varie fasi: (fase del dettato: Caspita! Come si scrive coniglio con lgi o con gli? Fase dell’autocorrezione: Ah! Avevo ragione / Uh! Ho sbagliato!) dopo una settimana (ma anche di più se c’erano di mezzo vacanze o assenze) sarebbero già state dimenticate. Concludendo: con un esercizio di questo genere, oltre al miglioramento dell’ortografia, riuscivo a far sviluppare  nei miei alunni, in  modo più che soddisfacente:  capacità   critica (autocorreggendosi),   volontà  di  collaborazione (con la partecipazione attiva al corretto svolgimento del compito,  correttezza (non barando, sbirciando il testo del compagno o usando il blu anche nella fase di correzione con testo a fronte). Raccontando poi qualche cosa sulle vacanze in Italia o altrove, gli alunni avevano la possibilità infine fare qualche considerazione sull’ambiente circostante, la città in cui vivevano, la città, la regione dei loro genitori, l’Italia.

5.3. Terzo gruppo di apprendimento  

In questo gruppo inserivo alcuni alunni di terza classe con una buona competenza linguistica, quelli di quarta e qualche scolaro di quinta con poche cognizioni linguistiche. Per ciò che riguarda il potenziamento della competenza orale, in questo gruppo, innanzi tutto, ci dedicavamo al perfezionamento della pronuncia, leggendo alcuni brani adatti collegando quanto letto alla tabella dei poligrammi già nominata. Ma non solo nella pronuncia e nell’intonazione gli scolari di questo gruppo dovevano dimostrare la loro accresciuta competenza. Essi dovevano essere anche in grado, non solo di raccontare, ma anche di dimostrare i loro sentimenti e di commentare quanto via via esponevano. E proprio nel narrare un avvenimento, era interessante osservare, la loro differente capacità di individuazione del tempo verbale adatto da usare al passato. Coloro che traducevano dal tedesco mentre raccontavano (ed erano parecchi e non solo tra gli alunni con madre tedesca), avevano, decisamente, maggiori difficoltà nella scelta tra imperfetto e passasto prossimo rispetto agli scolari che pensavano e si esprimevano direttamente in italiano.Ma questa è un problema ben noto a noi docenti di italiano quando abbiamo a che fare con germanofoni, come ormai ho potuto constatare in quarant’anni di insegnamento. In questo contesto proponevo spesso diversi esercizi di completamento (vedi pag. 24). Collegandomi infine a letture di carattere geografico concernenti la nostra penisola (previste nel programma annuale), a notizie di attualità, ma anche a ciò che raccontavano durante le lezioni gli alunni, cercavo di focalizzare la loro attenzione anche su alcuni aspetti dell’Italia.

5.4. Esempi di temi svolti con alunni del livello secondario inferiore  

Come già chiarito, i livelli di apprendimento 4. e 5. erano previsti per gli alunni del livello secondario inferiore frequentanti l’Hauptschule, la Sonderschule, la Realschule, la Wirtschaftschule e il Gymnasium e che, per aver  seguito con successo le lezioni d’italiano nel livello elementare, o istituzioni simili (classi bilingui, classi in Italia, ecc.), possedevano un’adeguata competenza linguistica. In questi due gruppi superiori, la differenza di età tra gli alunni giocava senz’altro un ruolo molto importante, perché essi, oltre al fatto di  provenire da diverse classi, spesso, arrivavano nei miei corsi, da differenti indirizzi scolastici. Ed è chiaro che, in quella situazione, dovevo elaborare strategie adatte al superamento dei problemi connessi a quella spiccata eterogeneità. Ma iniziamo con il quarto gruppo di apprendimento, nel quale inserivo alunni delle prime classi del livello secondario inferiore, per il quale, a mo’ di esempio, mostro un paio di temi ed esercizi differenti da quelli presentati per i gruppi precedenti, allo scopo di evitare inutili ripetizioni.

5.4.1. Quarto gruppo di apprendimento  

Per ciò che riguarda l’espressione orale, i discenti di questo gruppo, dovevano essere in grado di dare, chiedere e comprendere informazioni, non solo nei rapporti in seno alla scuola, ma anche nei contatti con: istituzioni pubbliche, media, linguaggio pubblicitario (domande, compilazioni di formulari per le autorità, istruzioni per l’uso, ecc.) con l’utilizzo di un vocabolario più ricco, meno generico e attento a differenti modi di dire presenti nelle due lingue (Che ora è? / Wie spät ist es? = *Quanto è tardi?). Dovevano saper raccontare inoltre qualcosa su un fatto, un tema di attualità, o una lettura a scelta, dimostrando una migliore capacità di manipolazione di un testo: trasformazione, p. es., di dialoghi, non in un riassunto ma in un discorso indiretto e viceversa con tutti i problemi connessi (vedi: es. 26, pag. 26).  Esercizi che, chiaramente, avevo già fatto eseguire, in modo pratico e senza tante spiegazioni teoriche nel livello inferiore, ma che ora in quel gruppo potevo cominciare a trattare in modo più sistematico (vedi: es. 26 pag, 26). In occasione di descrizioni, relazioni, ma anche in una discussione, gli alunni dovevano inoltre essere inoltre capaci di esporre la propria opinione, di difenderla e di motivarla, sia in forma orale, sia in forma scritta. Per rendere poi più sicura l’ortografia, anche in questo livello, assegnavo vari esercizi di ortografia e di integrazione di testi. Un altro punto da me trattato in questo gruppo era l’approfondimento dell’uso degli articoli con opportuni paralleli con il loro uso in tedesco (vedi: tav. 27. p. 27) e di altre strutture grammaticali altrettanto importanti: corretto uso dei tempi verbali, ordine degli elementi della frase in proposizioni secondarie o in presenza di complementi, pronomi, preposizioni, ecc. E, come fatto in modo più sintetico nel livello inferiore, in questo gruppo parlavo pure di alcuni aspetti fisici ed amministrativi della nostra penisola, anche per arricchire ulteriormente il patrimonio lessicale degli alunni. Per la stessa ragione, non mancavo di fare alcune considerazioni su qualche periodo o personaggio storico italiano (vedi es. 45, pag. 46) e su protagonisti italiani dello sport, dello spettacolo, ma anche della politica, del momento,  inquadrandoli nel contesto europeo e mondiale.

5.4.2. Quinto gruppo di apprendimento  

Di questo gruppo facevano parte gli alunni delle ultime classi del livello secondario inferiore, già in possesso di una più che discreta competenza linguistica. Da questi discenti cercavo di ottenere un ulteriore affinamento della pronunzia, dell’intonazione (vedi: tab. 28,  p. 28) e nella lettura un’altrettanta correttezza fonetica ed espressiva. A questo riguardo usavo alcune tabelle, delle cassette audio e video,  e dei CD. E cercavo pure di avvicinare gli allievi ad alcuni brani della nostra letteratura classica, allo scopo di confrontarli anche con le forme lessicali e morfosintattiche del passato.Qualche brano tratto dalla Divina Commedia lo usavo, p. es. per far notare che il vocabolario usato dal Poeta sette secoli fa non è poi così lontano dal nostro italiano contemporaneo. Ma anche altri testi mi davano molti spunti per esporre ed approfondire il discorso su alcune regole sull’uso dei tempi verbali al passato: la celebre descrizione della fuga dal paese natio di Renzo e Lucia (imperfetto nelle descrizioni), ma anche l’incontro di Don Abbondio con i bravi (perfetto e imperfetto). Come già detto: tra le difficoltà che i germanofoni (e miei alunni, nati o cresciuti all’estero, di seconda e di terza generazione, in qualche maniera, lo erano) incontrano nell’apprendimento della lingua italiana, vi è quella connessa al corretto uso di questi tempi. Non è raro il caso, perciò, di sentir dire da ragazzi italiani: *“Ieri andavo in gelateria e compravo un gelato”. Un giorno un’alunna, che aveva iniziato le medie in Italia e che aveva letto un’edizione scolastica dell’opera del Manzoni e che, suo malgrado, aveva dovuto raggiungere la sua famiglia in Germania, mi confidò di aver paragonato il suo viaggio verso la fredda Germania a quello di Lucia che lascia il paese natio per un paese sconosciuto… Argomento che io in quell’occasione  puntualmente ripresi approfittandone per parlare dell’uso dell’imperfetto nelle descrizioni di avvenimenti al passato e non solo in quell’anno scolastico. Tanti sono stati gli esercizi, le tabelle e le analisi di approfondimento che nel corso degli anni ho utilizzato in quest’ultimo livello di apprendimento, come: l’uso delle preposizioni semplici ed articolate, visto anche il differente uso di queste parti del discorso nelle due lingue (vedi tavole 29 e 30, pagine 30-32). E anche il corretto impiego dei tempi e dei modi verbali giocava  un ruolo importante nelle mie lezioni. Quindi, oltre all’approfondimento del periodo ipotetico o del passato remoto, ecc.,  trattavo anche le forme passive, riflessive e irregolari, facendo completare delle tabelle da me appositamente elaborate (vedi tab. 30, pagine 31-32). Ed è evidente che ciò che gli alunni osservavano ed analizzavano per le forme verbali in italiano, lo potevano applicare anche e con maggiore facilità in altre lingue. Queste tabelle le proponevo anche in preparazione all’esame qualificante QA. Esame in cui era prevista l’opzione della scelta dell’italiano tra le materie d’esame e che gli studenti italiani della  Hauptschule con una media non troppo bassa potevano sostenere al termine della nona classe. E questa possibilità valeva anche per gli altri alunni stranieri, che potevano scegliere per questo esame, chiaramente, la loro lingua madre. In preparazione al QA facevo svolgere inoltre alcune analisi della proposizione e del periodo ed qualche applicazione di concordanza di tempi e di modi. Tra queste ultime, alcuni esercizi con il periodo ipotetico, dato che in tedesco il condizionale è un tempo composto e per i servili e per gli ausiliari (spesso) si usa il congiuntivo imperfetto: Hätte ich heute keine Hausaufgaben, wäre ich glücklich (Se oggi non avessi compiti, sarei felice). Altri esercizi che svolgevo con questi alunni: varie manipolazioni di testi, comprensione (vedi tab. 39, pag. 41), riordinamento, individuazione dei punti più salienti e significativi, delle intenzioni, sintesi, Diversi modi di dire nelle due lingue, ecc. Come approfondimento grammaticale, trattavo ulteriormente e più dettagliatamente: sostantivi, aggettivi (dai gradi del qualificativo, agli indefiniti, ecc.), pronomi, avverbi… E con gli avverbi in particolare proponevo degli esercizi contrastivi. Si pensi qui al fatto che in tedesco per gli avverbi di modo e per gli aggettivi si usa lo stesso vocabolo: Das Essen ist gut (il cibo è buono); Mir geht es gut (*a me va bene / io sto bene).  O anche agli allocutivi: Herr Grasso, Sie sind… (Signor Grasso, Lei/loro sono…) (confr. anche: es. 31, pagine 33-34). Per terminare infine il discorso sul programma da me utilizzato nei due gruppi di livello superiore, desidero solo aggiungere che, come fatto in modo più sintetico nel livello inferiore, anche in questo 5. gruppo presentavo ogni  alcuni aspetti fisici ed amministrativi della nostra penisola. E per lo stesso motivo mi soffermavo anche su qualche periodo o personaggio storico italiano, prendendo spunto da qualche notizia riguardante protagonisti italiani dello sport, dello spettacolo, ma anche della politica, inquadrandoli nel contesto europeo e mondiale.

Conclusione  

Per concludere questo discorso sul mio trentennale insegnamento nella scuola dell’obbligo, desidero ricordare ancora una volta che molti degli esercizi da me proposti, oltre, s’intende, a cercar di far migliorare la competenza linguistica generale degli alunni, tendevano a far superare loro anche le interferenze negative generate dal tedesco. Interferenze, veri punti dolenti, già in parte accennati e  che emergevano puntualmente nelle relazioni orali e scritte dei miei scolari. Basti pensare anche a: *Sono sette anni (vecchio) (Ich bin sieben Jahre alt) al posto di: Ho sette anni, o anche a: *A me va bene (Mir geht es gut) per: (Io) sto bene, ecc. Ma anche alle difficoltà legate all’uso delle forme verbali al passato, del periodo ipotetico, ecc. Tutto questo perché, dei miei alunni di allora, esaminati in una mia ricerca del 2000, soltanto il 24%  era nato in Italia e il 28%  proveniva da coppie miste. Per il resto si trattava di scolari, spesso, di terza generazione e anche per coloro che erano nati in Italia, di scolari che, comunque, si trovavano in Baviera fin da piccoli. Quindi con una pronunciata dominanza del tedesco sull’italiano. Una situazione, in fondo, non tanto diversa da quando, nell’anno 1979/80 ero entrato nel servizio scolastico in Svevia e mi ero ritrovato dinanzi i genitori, gli zii (i nonni, nei corsi serali di scuola media o professionali da me coordinati, vedi: III Media) dei miei alunni degli anni 2000. Sia nei primi anni che negli ultimi anni d’insegnamento, nell’elaborazione e nell’assegnazione dei miei compiti, mi preoccupai sempre di realizzare strategie atte innanzi tutto a rendere il più possibile interessante, motivante ed appetibile la nostra lingua ai miei discenti. Delle strategie atte a far superare loro, non solo le difficoltà prodotte dalle interferenze negative a motivo dalla dominanza dalla lingua di Goethe su quella nostra, ma anche da quelle, per nulla da sottovalutare, causate dai diversi modi di concepire e di gestire le relazioni interpersonali nelle nostre due culture. E non da ultimo da sentimenti di estraneamento, rabbia, ostilità, indecisione, frustrazione, tristezza per la lontananza dai parenti in Italia. Quindi sentimenti che, da quello che ebbi modo di verificare nei miei anni di insegnamento nelle primarie e secondarie, venivano e vengono provati nei confronti delle due lingue e culture: e da scolari che rifiutano la lingua e la cultura tedesca perché le sentono estranee, ostili, e da alunni che respingono la nostra lingua e cultura perché le considerano superflue ed ingombranti e quindi un ostacolo all’integrazione e all'apprendimento del tedesco. Voglio inserire quindi alcune dichiarazioni da me raccolte nel corso degli anni giusto per paragonarle a qualcuna ricevuta recentemente (due addirittura nel mese di aprile del 2010, una da parte di uno dei miei alunni degli anni 80, che compare nella figura 54, con cui mi sono incontrato per una circostanza fortuita, in cui mi è stato per l'ennesima volta: "Se non avessi avuto Lei come insegnante, adesso non avrei questo impiego...", e un'altra che inserisco tra le testimonianze scritte qui di seguito).  

Cominciamo con un paio di testimonianze da parte del gruppo degli adolescenti, risalenti al periodo in cui, negli anni 80, iniziai ad insegnare nei corsi di lingua e cultura italiana in Svevia, in particolare in Algovia, e mi trovai, molto spesso, davanti a questa situazione di repulsione nei riguardi della nostra lingua. Abituati com’erano i miei alunni con alcuni insegnanti degli anni precedenti, che, spesso, per il fatto che non venivano retribuiti regolarmente, abbandonavano i corsi o, peggio non si impegnavano più di tanto, nel momento in cui presi servizio io in quella zona, quasi quarantenne, molto motivato, parecchi di loro ebbero un vero e proprio shock culturale. Una prima testimonianza: 

*Io voglio che la scuola Italiana fosse diverso. Cioè, come quando stava *** lui ci faceva giocare quasi sempre fuori, poi quando eravamo pocchi a scuola Italiana c’è ne mandava a casa, era tutto diverso da questa scuola qua, però io mi piace andare a scuola italiana però alle volte nò perche ci sono delle ragazze che non vengano è siamo pochi ma il maestro anche se siamo pochi ci fa sempre scrivere è leggere è a me questo non mi piace. A me mi piace scrivere quando ci sono tutti a scuola Italiana perche è più bello che ci siamo a sei. Io voglio che la scuola Italiana si togliesse da mezzo perche non mi piace, perche ci abasta già che andiamo alla scuola tedesca è già è a sai è quindi non mi piace. A me piacesse quando andiamo a passeggio o pure quando giocamo o pure a imparare qualche poesie poi l’anno scorso facevamo Solo una volta alla settimana ma invece questo anno 2 volte alla settimana ma io voglio come prima la scuola Italiana.     

   (R. D., 7. classe , live. seco. infe., cfr.: 3.1, inse. alu.), di origine campana. Composizione sul tema: Come vorresti che fosse la lezione di italiano. 19/6/1980. (48).

A parte l’insistenza sulla distinzione: scuola italiana e scuola tedesca, che, specie in Baviera e quindi in Svevia e in Algovia, non doveva esistere, dato che l’italiano, fino a qualche anno fa era una delle materie che potevano essere scelte liberamente tra quelle facenti parte del curriculum scolastico, in questo brano, si nota un rifiuto della lingua, o meglio del modo in cui essa veniva da me somministrata. Un rifiuto che, peraltro viene espresso in modo confuso e pieno di contraddizioni. Da notare certe interferenze negative dal tedesco e dal campano: diverso (pensare alle o ed e finali campane pronunziate in modo sfumato), stava al posto di c’era, però io mi piace (che mi ricorda quel famoso libro ambientato in una scuola campana e portato sulla scena dal bravissimo Villaggio; incongruenza, che, comunque, veniva e viene commessa un po’ ovunque), vengano, a me mi (ridondanza spagnolesca, si pensi alla dominazione), ci siamo a sei (assai), si pensi qui all’assai usato molto spesso a Napoli (ti voglie bbene assaie…) con l’interessantissima commista interferenza negativa dal tedesco del dittongo ei che si legge ai, e ancora: giocamo, ecc.

Un’altra testimonianza, anche questa di tanti anni fa, per me particolarmente importante, specie per il fatto che, vent’anni dopo, (per un certo periodo) mi sono ritrovato in classe un bambino e una bambina di questa mia ex-alunna, che, sia nel parlare che nello scrivere, compivano i medesimi errori della loro mamma. Ahimè! A mia parziale discolpa posso dire che la madre, negli anni Ottanta frequentava le mie lezioni a singhiozzo e solamente per un anno e che anche i suoi figli (durante la frequenza) non scherzavano in fatto di assenze. Assenze puntualmente giustificate da fantasiose giustificazioni dalla più che condiscendente genitrice! 

*A me non da ressa (interessa) la scuola Italiana per che il maestro Grasso non va a baschezzare (passeggiare) e non skreza (scherza). Il maestro *** amece (invece) faceva redere, e non cosi Giograffia e faeva piu facelle le cosi…

V. G., 9. classe  (live. seco. infe.; cfr.: 3.1.), di origine siciliana. Composizione sul tema: Come vorresti che fosse la lezione di italiano. 19/6/1980. (49)

Qui il dialetto siciliano parlato a casa (si trattava di tre famiglie imparentate tra di loro, i cui figli, durante i miei anni di insegnamento in quella zona, frequentarono, alcuni anche con profitto, le mie lezioni (e con i quali rimasi per lungo tempo in corrispondenza) veniva scambiato per italiano. Interessante l’aggettivo Italiana scritto quasi sempre con la i maiuscola… Un rispetto congenito, ereditato dai nonni? In ogni caso, anche qui si nota un netto rifiuto della lingua. Ma soprattutto dell’intensità con cui essa veniva impartita. Tant’è vero che, successivamente, i due figli della mia ex-alunna, non frequentarono più le mie lezioni, molto probabilmente, per lo stesso motivo. Questi alunni, però,  non mancavano di venire a trovarmi in classe all’uscita di altre lezioni pomeridiane, e qui era interessante osservare i sentimenti che trasparivano dai loro visi. Dato che non erano più iscritti alle mie lezioni, senza obbligo quindi di presenza, stavano volentieri in classe, come ospiti, anche per qualche mezzora…

Ma, come già detto, se c’erano alunni che rifiutavano o rifiutano l’italiano, ce ne sono altri che avevano o hanno lo stesso atteggiamento di insofferenza nei riguardi del tedesco.

Ecco l’opinione di due alunne di origine campana nei confronti dei tedeschi in un periodo particolarmente caldo per la zona interessata in cui veniva chiusa un’importante fabbrica di calze. Se da un lato le famiglie italiane che vi avevano lavorato, quasi sempre a cottimo e, talvolta, con lunghi, massacranti straordinari, vi avevano guadagnato i soldi che erano serviti a costruire o a iniziare la costruzione della casetta al paese, dall’altro lato ora esse ne uscivano, spesso, senza la prospettiva di un altro lavoro nell’immediato futuro e semidistrutte sia moralmente che socialmente.  

*Io non sopporto che i tedeschi odiono gli stranieri che dicono che noi stranieri veniamo in Germania per rubarli il lavoro che noi in Italia non abbiamo la possibilità di avere un lavoro fisso e che andiamo nelle altri posti, Io penso che è una cosa assurda quello che loro dicono e che pensano. Noi Italiani… non abbiamo nessun torto perchè siamo in Germania nell’ loro stato. Loro credono che sono super uomini quando ci sfottono e dicono tante cose contro gli italiani… Però loro non pensano che noi stiamo nell’ loro stato per sacrifici per avere un avvenire io però spero che si cambiano.

C. I., 7. classe  (live. seco. infe.; cfr.: 3.1, inse. alu.), di origine campana. Composizione sul tema: Prendi posizione su un avvenimento o un problema attuale, esprimendo la tua opinione al riguardo. 5/6/1989. (50)

Sembra quasi di udire l’accorato sfogo di una piccola extracomunitaria nell’Italia dei giorni di questa mia ricerca, ma anche dei nostri giorni, mutatasi, ormai da tempo, da terra di emigrazione in terra di immigrazione!

Ma continuiamo con un’altra sua coetanea, in possesso di migliori competenze linguistiche (a parte il periodo ipotetico, l’uso del congiuntivo, ecc.), per aver frequentato più classi in Italia, e che rincara la dose. Bisogna dar atto però che essa conclude l’elaborato con notevole obiettività: Però non tutti, e quasi con un presagio: Se loro  (o altre persone) venissero in Italia

*I tedeschi contro i stranieri! Io penso di questo fatto che molti tedeschi sono anche   malvagi quando  dicono  “scheiß  Ausländer”  tradotto  in  italiano   “stranieri  di merda”. Loro  non pensano  che  quando dicono così ci colpiscono nel profondo del cuore, Io penso che se loro venissero in Italia a lavorare e gli italiani direbbero “stranieri di merda” anche loro si sarebbero colpiti profondo del cuore. Oppure quando i tedeschi dicono “Spaghettifresser” tradotto “affamati di spaghetti” non pensano che loro se ne mangiano più di noi. Però una cosa è certa che non tutti i tedeschi sono uguali, altri vogliono bene ai stranieri e altri tedeschi odiono gli stranieri. Quando loro dicono queste cose, io come se sentirei qualche cosa nel cuore. Io spero tanto che tutti loro cambiano presto.

M. A., 8. classe  (live. seco. infe., cfr.: 3.1, inse. alu.), di origine campana. Composizione sul tema: Prendi posizione su un avvenimento o un problema attuale, esprimendo la tua opinione al riguardo. 5/6/1989. (51)  

Prima però di chiudere questa breve carrellata, desidero aggiungere qualche altra testimonianza degli anni Novanta. Si tratta dall’elaborato di un alunno arrivato fresco dall’Italia, che allora si ritrovò dinanzi una nuova mamma e un nuovo fratellino e che, in quella situazione, provò serie difficoltà di inserimento nel nuovo ambiente; (era  un alunno laziale allora ricongiuntosi con il padre (divorziato dalla sua mamma rimasta in Italia) e con la sua nuova moglie siciliana (mia alunna piuttosto esemplare dei primi anni Ottanta e anche lei divorziata, con un bambino). Poi il ragazzo superò (e come!) il primo impatto con la lingua, la cultura e l’ambiente tedesco e si è trasformò in un uno di quei nostri bellissimi tenebrosi e sicuri giovanotti mediterranei che facevano e fanno letteralmente impazzire le bellezze locali, italiane e no. In seguito lo persi di vista...). Ecco la testimonianza:  

*A me piace la mia lingua. C’erti ragozzi a causa per la mia ligua mi sfottevano. A casa mia madre mi parla in tedesco e io imparo tante parole e mio padre non sa parlare più l’Italiano. Una volta ho incontrato una maestra tedesca e lei disse che io dovevo dimenticare la mia ligua e io li ho risposto: perché non dimendica la sua ligua? E lei se ne andò…

E. D., 4. classe (live. prima., cfr.: 3.1, inse. alu.), alunno laziale (confr.: nota 1, pag. 51). Composizione sul tema: Secondo te, i bambini italiani, a casa, devono parlare in italiano o in tedesco? Tu come parli?. 16/5/1994. (52)

Chiara la visione della situazione e altrettanto sicura e pronta la risposta di questo bambino undicenne pur se in mezzo a diversi ostacoli: Perché non dimentica la sua lingua? E anche notevole l’analisi della medesima problematica da parte di un altro alunno quattordicenne del livello secondario, seppure in una forma, specie ortografica, più che zoppicante:

*Io dico che per i banbini italiani è meglio parlare italiano. Perche se la madre o il Padre del banbino non sano parlare bene il Tedesco i banbini il Tedesco non lo posono mai imparare bene. Se genitori dicono una parola in Tedesco sbaliato i banbini L’iparano come lo dicono i genitori. Io a casa parlo il calabrese perche i mie genitori il Tedesco non lo sano parlare bene e in calabrese in vege si. In vege L’italiano nolo parlo io perche mi vergonio se io facio uno spaglio o paura che si metano a ridere e perche questo parlo pure co gli amici Italiani in Calabrese  o in Tedesco…  

D. G.,  8. classe  (live. seco. infe., cfr.: 3.1, inse. alu.), figlio di bravi e laboriosi calabresi. Composizione sul tema: Secondo te, i bambini italiani, a casa, devono parlare in italiano o in tedesco? Tu come parli? 16/5/1994. (53)  

Quest’alunno, qualche anno dopo, superato il disagio e una certa avversione nei confronti della nostra lingua (grazie all’opera di convincimento dei genitori e, forse, a ciò che aveva imparato da me), frequentò un corso di recupero serale della III media da me coordinato e, anche se per il rotto della cuffia, superò il relativo esame finale.  

Ulteriori commenti, credo, che si lascino fare da sé. Dopo aver parlato nei capitoli precedenti dei temi, dei compiti e delle verifiche (vedi: la mia ricerca sull’insegnamento dell’italiano in Baviera) da me realizzati nelle mie lezioni di italiano, mi premeva, anche a sostegno di quanto da me esposto sui problemi da affrontare nella realizzazione del curricolo per l’italiano, far parlare anche qualcuno dei miei alunni.  

Da queste testimonianze traspaiono spesso la difficoltà, l’avversione talvolta, per la nostra lingua, sentita come straniera da diversi figli degli immigrati, per il fatto di aver frequentato sin da piccolissimi e in modo intenso l’ambiente tedesco. Si pensi a quei vicini tedeschi disponibili e amorevoli, pronti a fungere da Großeltern (nonni… Lo sono anch’io pur non avendo avuto figli!) o da zii nei confronti di quei bambolotti mediterranei dei coinquilini (che poi, puntualmente, li invitano a delle pantagrueliche spaghettate & Co… e anche per le ferie in Italia). O anche all’asilo tedesco, in cui i nostri bambini sono accuditi da amorevolissime Tanten (zie), che non sanno una parola di italiano (e, del resto, nemmeno di turco, spagnolo, ecc.).

È chiaro quindi che, nel momento in cui questi bambini iniziano le classi elementari e, talvolta, nolenti, venivano e vengono iscritti al corso di italiano, l’impatto con questa nostra lingua venga vissuto da loro con disagio, e che spesso ci troviamo davanti a degli shock culturali veri e propri, dato che questi alunni non vedono la necessità e l’utilità immediata di quest’altra lingua, talvolta nemmeno parlata dai genitori, veri e propri dialettofoni.

E comprensibile è anche il fastidio, l’avversione, addirittura, provati nei riguardi del tedesco da parte di quegli alunni immersi nei primi anni della loro vita in un ambiente esclusivamente italiano. Cosa che, in passato, poteva essere più comprensibile in un bambino cresciuto in Italia (in assenza di altre lingue e culture), ma che non può essere invece più condivisibile in una società multiculturale come quella europea. In questo senso, il ruolo della scuola, dell’insegnamento di una lingua e cultura deve servire ad abbattere non solo le barriere linguistiche ma anche quelle culturali.

Per concludere il discorso sui sentimenti di tanti studenti italiani in Baviera sarà opportuno leggere anche le testimonianze scritte da alcuni miei alunni per una ricerca di alcuni anni fa dell'Università di Salerno (vedi: link 1 - 8 in fondo a questa pagina).

Nelle tabelle seguenti si possono vedere infine il movimento degli alunni e i voti da loro riportati dagli anni 80 sino al 2000, anno in cui la frequenza cominciò a scendere sensibilmente come ricordato al capitolo 1.

E, per terminare, anche per dare un volto alla nostra emigrazione in Germania degli anni 80, ma anche a qualche discente degli sfoghi delle pagine precedenti, inserisco una foto dei primi anni 80 con un gruppo dei miei alunni di allora (Sonthofen) in cui è presente qualche autore e qualche autrice degli sfoghi precedenti. In più allego alcune testimonianze di varia natura raccolte in questi mie anni di attività; in più alcune foto riprese nel mio ultimo anno di insegnamento, anche per fare un paragone tra la situazione degli anni 80 con quella del 2008.

MOVIMENTI ANNUALI DEGLI ALUNNI CHE FREQUENTAVANO I CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA NELLE CITTÀ DI SONTHOFEN, IMMENSTADT, LINDENBERG E LINDAU 

DALL'ANNO SCOLASTICO 1979/80 ALL'ANNO SCOLASTICO 1999/2000

 

VOTI MEDI FINALI RIPORTATI DAGLI ALUNNI DEI CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA 

NELLE CITTÀ DI SONTHOFEN, IMMENSTADT, LINDENBERG E LINDAU (1979/80 – 1999/2000)  

anno

media

annuale

79/80 80/81 81/82 82/83 83/84 84/85 85/86 86/87 87/88 88/89 89/90 90/91 91/92 92/93 93/94 94/95 95/96 96/97 97/98 98/99 99/00
2,66 2,87 2,49 2,39 2,73 2,80 3,00 3,20 3,42 3,81 3,44 3,36 3,05 3,05 3, 13 2,81 2, 48 2,91 2,89 2,88 2,68

      media dal 1979/1980

       al 1999/2000: 2,95

                                  TAVOLA DELLA VALUTAZIONI VIGENTI IN BAVIERA

1

à sehr gut ottimo

2

à gut buono

3

à befriedigend discreto

4

à ausreichend sufficiente

5

à nicht ausreichend insufficiente

 

Un gruppo di studenti del livello secondario inferiore dei Corsi  di Lingua e Cultura Italiana di Sonthofen negli anni 80

Ecco, a distanza di 36 anni, due delle mie alunne degli anni 80,

con le queli mi sono incontrato con molto piacere

nell'autunno del 2016 nella zona pedonale di Kempten

 

Tre dei miei Corsi di Lingua e Cultura Italiana nel mio ultimo anno di insegnamento (2007/08)  

A sinistra: alcuni alunni di Immenstadt, al centro un gruppo di scolari di Lindau, a destra alcuni alunni di Sonthofen

 

Auguri di Pasqua da Immenstadt

Primavera a Sonthofen

Auguri di Buon Carnevale da Lindau

Posta da Lindenberg

Saluti dall'Italia

Articolo inviato al Corriere d'Italia

Articolo scritto per il giornalino

Contributi per l'Università di Salerno 1 2 3 4 5 6 7 8

Auguri di Buon Natale da Lindau

Auguri per i 60 HS  dal Collegio della HS di Sonthofen

Auguri per i 60 anni dal GS Lindenberg

Auguri di Natale da parte dello Stadtschulrat

Auguri da parte dell'OB Dr. Roßmann

Auguri da parte dell'OB Dr. Netzer

Ringraziamenti 2005

Auguri per i miei 65 anni dai Colleghi di Immenstadt

Auguri per il mio pensionamento dai Colleghi di Sonthofen

Ringraziamenti da Lindau

Ringraziamenti dagli alunni di Sonthofen

Ringraziamenti da Immenstadt

Ringraziamenti dagli alunni e dai Genitori di Sonthofen

Auguri e ringraziamenti dalla Regierung

Certificato di Fine Servizio della Regierung von Schwaben

Ringraziamenti da parte della OA Schulamt 

Congratulazioni, ringraziamento ed invito dall'OB Dr. Netzer