IL
MIO INSEGNAMENTO
Premessa
In queste pagine che seguono, tratte dalla mia ricerca: Insegnamento dell’Italiano in Baviera, (a cui farò riferimento nelle note tra parentesi) desidero dare alcune notizie sulla mia principale attività professionale, svolta dall’anno scolastico 1979/80 fino al 31 luglio 2008 parallelamente all’insegnamento universitario, tuttora da me svolto. Si tratta dei Corsi di Lingua e Cultura italiana, da me tenuti per conto del Ministero della Cultura Bavarese, in collaborazione con il Consolato Generale di Monaco di Baviera, in favore degli alunni italiani frequentanti la scuola dell'obbligo delle città di Kempten (in cui risiedo dal 1965), Sonthofen, Immenstadt, Lindenberg, Lindau, Memmingen e dintorni.
Città situate nel distretto bavarese della Svevia, e precisamente in Algovia; con una popolazione che oscilla dagli undicimila abitanti di Lindenberg ai circa venticinquemila di Lindau e che arriva ai sessantaduemila abitanti di Kempten, l’antica Cambodunum. Città con una buona presenza di connazionali, attirati, specie negli anni passati, dalle possibilità di lavoro offerte dalle locali industrie tessili, alimentari e meccaniche.
Attualmente, moltissimi italiani si dedicano alla
gastronomia, ma non manca anche un discreto numero di liberi professionisti. Ed
in questo senso l’approccio tra le famiglie italiane e la scuola, nel corso
degli anni del mio insegnamento è sensibilmente cambiato e continua ad
evolversi, dato che, se prima la scuola e gli insegnanti, avevano contatti,
prevalentemente, con famiglie di operai spesso non qualificati, adesso devono
confrontarsi e, talvolta, “scontrarsi” con italiani di seconda e terza
generazione, che possiedono un’istruzione superiore, una ditta, uno studio…
1.
Strutturazione
dei corsi,
scuole
di provenienza, numero degli alunni, profitto
Durante gli anni d’insegnamento le lezioni da me impartite erano articolate in
cinque livelli di apprendimento: i primi tre erano rivolti agli alunni della
scuola primaria (Grundschule), i due livelli di apprendimento superiori
agli studenti del livello secondario inferiore, frequentanti l'Hauptschule,
la Realschule, la Wirtschaftsschule e il Gymnasium (vedi: tav. 2,
pag. 2 e schema all'inizio della pagina 6). Tutti i gruppi di alunni in
quei miei anni di insegnamento usufruivano di due o tre ore di lezioni
settimanali e
provenivano da alcune dozzine di scuole dei dintorni, poste talvolta anche
a più di dieci chilometri di distanza dalle varie sedi delle lezioni. Alcuni
scolari arrivavavano, addirittura, dalla vicina Austria. Fino al 2000 avevo una
presenza media annuale di cento alunni. Successivamente la percentuale di
frequenza diminuì a causa di tanti motivi imputabili a diversi fattori. Il
voto medio dei miei alunni, in quegli anni era
quasi sempre sul “discreto” (vedi:
tabelle in fondo al documento e tab. 4, 5 e 6, alle pagine 6 e 7 della ricerca).
2.
Finalità
dei corsi
In queste mie lezioni cercavo di far
mantenere e potenziare la competenza linguistica passiva e attiva dei miei
alunni, conscio del fatto che l’approfondimento della lingua della famiglia di
appartenenza li avrebbe avvicinati, legati maggiormente ai loro parenti,
evitando loro uno sradicamento sociale e culturale. E in base alla mia esperienza
posso testimoniare che, se da un lato, all’inizio di ogni anno scolastico mi
vedevo dinanzi un paio di alunni che mi raccontavano di aver atteso con ansia il
ritorno in Germania dopo le ferie estive, me ne ritrovavo davanti anche un buon
numero entusiasta per aver potuto finalmente capire cosa raccontavano loro i
nonni, gli zii, ma, soprattutto, i loro cugini siciliani o calabresi e che non
vedevano l’ora di ritornare in vacanza in Italia.
3.
Materiali
ed infrastrutture a disposizione
Per ciò che riguarda i libri di testo da me usati,
tengo a precisare che, dipendendo in quegli anni i corsi di italiano dalle
autorità scolastiche locali, non solo il programma, ma anche gli insegnanti, le
infrastrutture, il materiale e i testi e i sussidi didattici da utilizzare nelle
lezioni erano di esclusiva competenza delle autorità scolastiche bavaresi.
Comunque, nei miei quasi trent’anni
di servizio ebbi modo di crearmi un considerevole numero di testi e di sussidi didattici, anche
perché, partecipando ai più importanti progetti e sperimentazioni di allora
per l’aria germanofona, potevo accedere a molto materiale sia cartaceo che
multimediale, che, puntualmente, mettevo a disposizione dei miei scolari e anche
dei miei studenti universitari. Per ciò che riguarda la struttura delle aule in cui
avevano luogo le mie lezioni pomeridiane, si trattava per lo più di sale
utilizzate la mattina per le lezioni regolari. Quelle aule, sia a livello
elementare sia medio, disponevano di un’ampia lavagna scorrevole
verticalmente, di una lavagna luminosa, di un registratore e di un collegamento
audio. Inoltre, facendone richiesta a tempo debito, potevo avere a disposizione
un televisore collegato all’antenna di ricezione e un videoregistratore. Le
aule erano fornite anche di un lavandino con rispettivo specchio e avevano, in
genere, delle ampie e luminose finestre. In alcune scuole, inoltre, avevo la possibilità di
accedere, addirittura, alle sale multimediali e questo, chiaramente,
incrementava l’interesse degli alunni, per l’opportunità che veniva offerta
loro di lavorare al computer per l’esecuzione di alcuni compiti o per navigare
in internet. Tra il materiale inoltre messomi a disposizione
dal Ministero degli Esteri ricordo con piacere un
cospicuo numero di testi alla realizzazione dei quali avevo partecipato (vedi
il mio curriculum al punto: progetti)
e anche un lettore per CD-I con relativi dischi prodotti dallo IARD di Milano,
che almeno, per alcuni anni, si rivelarono veramente interessanti e
coinvolgenti. Ma anche molti testi e sussidi didattici messimi a disposizione
dai vari organismi scolastici di emanazione consolare di cui facevo e tuttora
faccio parte mi furono utili e spero che lo siano anche agli insegnanti che,
seppur non più alle dipendenze del ministero bavarese ma da enti scolastici
italiani, attualmente, tengono i corsi nelle sedi da me occupate in quegli anni
e, credo, abbiano la facoltà di utilizzare quei testi.
Ogni anno, inoltre, facevo predisporre ai miei alunni
un raccoglitore ad anelli in cui potevano inserire gli schemi e gli esercizi
settimanali. In buste trasparenti apposite vi erano anche dei formulari per le
giustificazioni per le assenze, uno in cui scrivevo dei giudizi sintetici
semestrali, un indice dei temi trattati, un diario per i compiti e un
frontespizio illustrato (confronta:
pagine 8 e 9).
4.
Temi
trattati
Per ciò che riguarda i temi e le strutture
grammaticali da me proposti, devo ricordare che, trovandomi quotidianamente di
fronte più gruppi di apprendimento contemporaneamente, dovevo elaborare degli
esercizi con tema e strutture grammaticali uguali anche se, ovviamente,
calibrati all’età, e con contenuti morfosintattici
e lessicali via via più complessi. Tante è vero che, talvolta, alcuni alunni mi
chiedevano come mai stessimo trattando di nuovo, p. es., gli ausiliari, da loro
già studiati nel livello inferiore. Spesso allora approfittavo di questa domanda per
assegnare loro l’incarico, subito dopo la mia spiegazione, di aiutare e
consigliare i compagni più piccoli e meno competenti nella fase iniziale dello
svolgimento dell’esercizio, da loro eseguito, l’anno prima e,
successivamente, di svolgere il loro compito, chiaramente, più articolato.
In questo modo, spesso, potevo raggiungere più
obiettivi. Innanzi tutto riuscivo, in genere, a motivare maggiormente
i più
competenti assegnando loro un incarico, che toglieva loro l’impressione
del già fatto e che, pertanto,
li faceva sentire più importanti agli occhi dei compagni meno esperti.
In più aveva luogo per loro stessi
una fase di rinforzo delle mie spiegazioni in quanto da tutor avevano la
possibilità di ripetere ai loro compagni quanto da me precedentemente detto,
chiarendolo anche alla luce delle esperienze da loro fatte precedentemente.
Queste spiegazioni (spesso in tedesco), da loro date ai
compagni che conoscevano poco l’italiano, li metteva, in effetti, nella
condizione di riflettere, non solo su quanto, ma anche su come stavano spiegando
il compito, e quindi di fissare meglio, loro stessi, l’argomento di cui
stavano riferendo. Di conseguenza: mentre aiutavano gli altri, aiutavano se
stessi. Non è da sottovalutare poi il rapporto amichevole che,
sovente, si veniva a creare fra questi alunni, che provenendo, spesso, da
classi, scuole, ma anche da città diverse, da famiglie di diversa estrazione
sociale, si incontravano, di solito, soltanto una volta alla settimana. Per non
parlare poi delle amicizie che nascevano tra le loro famiglie.Ma passiamo adesso all’esame di alcuni temi e compiti
assegnati al primo gruppo di apprendimento.
5.
Esempi
di temi svolti con alunni della scuola primaria
Come detto precedentemente, all’inizio dell’anno dividevo i miei scolari del livello primario in tre gruppi di apprendimento. Nel primo gruppo gli alunni di 1. classe, nel secondo gli scolari di seconda; nel terzo livello di apprendimento, infine, alunni di terza classe con corrispondenti competenze linguistiche, sia passive che attive. Per ciò che riguarda i temi e gli esercizi da me proposti, allo scopo di evitare inutili ripetizioni in questa breve descrizione, per ogni gruppo mi soffermerò, di volta in volta, su esercizi differenti. Questo per il fatto che in, realtà, ogni settimana, eccezion fatta per il primo gruppo di apprendimento, con gli altri gruppi, trattavo i medesimi temi e facevo eseguire gli stessi esercizi, chiaramente, graduati in difficoltà.
5.1.
Primo gruppo di apprendimento
Nel primo gruppo, ritrovandomi davanti alunni che
ancora dovevano essere alfabetizzati l’approccio era di tipo orale. E
temi privilegiati erano quelli vicini al loro mondo: feste familiari,
giorni di festa, stagioni, tempo libero, giochi, esperienze scolastiche, vacanze
in Italia… Per ciò che riguarda la lettura, nelle ultime
settimane dell’anno scolastico, ne facevo eseguire qualcuna, invitando subito
dopo gli alunni a rispondere per costatare il loro livello di comprensione del
testo e a stimolare la loro capacità di espressione orale, facendo usare
alcune semplici forme verbali, i numerali, gli aggettivi qualificativi, qualche
modo di dire: Quanti anni hai? (in tedesco: *quanto sei vecchio? = wie alt
bist du? Brevi esercizi di scrittura (comprensione, collocazione
spaziale…) sotto forma di integrazioni di parole, di individuazione di
lettere, ecc. servivano a rinforzare le competenze acquisite.
5.2.
Secondo
gruppo di apprendimento
In questo secondo gruppo inserivo, oltre agli alunni di
2. classe anche diversi scolari di
3. classe. Questo lo facevo allo scopo di consentire ai più deboli di
recuperare qualche carenza ancora presente. Anche perché alcune famiglie,
malgrado le numerose circolari
inviate da me, dal Consolato Generale di Monaco, e, chiaramente, dalle
autorità scolastiche bavaresi, inviavano i loro figli alle lezioni di italiano
dalla terza, se non addirittura dalla quarta classe in poi. A questo proposito
ricordo una pagina in internet del competente Ministero Bavarese in cui veniva
nuovamente chiarita quanto fosse fondamentale per gli alunni anche ai fini di un
migliore apprendimento del tedesco il contatto con la propria lingua materna:
5.3.
Terzo gruppo di apprendimento
In questo gruppo inserivo alcuni alunni
di terza classe con una buona competenza linguistica, quelli di quarta e qualche
scolaro di quinta con poche cognizioni linguistiche.
5.4.
Esempi
di temi svolti con alunni del livello secondario inferiore
Come già chiarito, i livelli di apprendimento 4. e 5. erano previsti per gli alunni del livello secondario inferiore frequentanti l’Hauptschule, la Sonderschule, la Realschule, la Wirtschaftschule e il Gymnasium e che, per aver seguito con successo le lezioni d’italiano nel livello elementare, o istituzioni simili (classi bilingui, classi in Italia, ecc.), possedevano un’adeguata competenza linguistica. In questi due gruppi superiori, la differenza di età tra gli alunni giocava senz’altro un ruolo molto importante, perché essi, oltre al fatto di provenire da diverse classi, spesso, arrivavano nei miei corsi, da differenti indirizzi scolastici. Ed è chiaro che, in quella situazione, dovevo elaborare strategie adatte al superamento dei problemi connessi a quella spiccata eterogeneità. Ma iniziamo con il quarto gruppo di apprendimento, nel quale inserivo alunni delle prime classi del livello secondario inferiore, per il quale, a mo’ di esempio, mostro un paio di temi ed esercizi differenti da quelli presentati per i gruppi precedenti, allo scopo di evitare inutili ripetizioni.
5.4.1.
Quarto gruppo di apprendimento
Per ciò che riguarda l’espressione orale, i discenti di questo gruppo, dovevano essere in grado di dare, chiedere e comprendere informazioni, non solo nei rapporti in seno alla scuola, ma anche nei contatti con: istituzioni pubbliche, media, linguaggio pubblicitario (domande, compilazioni di formulari per le autorità, istruzioni per l’uso, ecc.) con l’utilizzo di un vocabolario più ricco, meno generico e attento a differenti modi di dire presenti nelle due lingue (Che ora è? / Wie spät ist es? = *Quanto è tardi?). Dovevano saper raccontare inoltre qualcosa su un fatto, un tema di attualità, o una lettura a scelta, dimostrando una migliore capacità di manipolazione di un testo: trasformazione, p. es., di dialoghi, non in un riassunto ma in un discorso indiretto e viceversa con tutti i problemi connessi (vedi: es. 26, pag. 26). Esercizi che, chiaramente, avevo già fatto eseguire, in modo pratico e senza tante spiegazioni teoriche nel livello inferiore, ma che ora in quel gruppo potevo cominciare a trattare in modo più sistematico (vedi: es. 26 pag, 26). In occasione di descrizioni, relazioni, ma anche in una discussione, gli alunni dovevano inoltre essere inoltre capaci di esporre la propria opinione, di difenderla e di motivarla, sia in forma orale, sia in forma scritta. Per rendere poi più sicura l’ortografia, anche in questo livello, assegnavo vari esercizi di ortografia e di integrazione di testi. Un altro punto da me trattato in questo gruppo era l’approfondimento dell’uso degli articoli con opportuni paralleli con il loro uso in tedesco (vedi: tav. 27. p. 27) e di altre strutture grammaticali altrettanto importanti: corretto uso dei tempi verbali, ordine degli elementi della frase in proposizioni secondarie o in presenza di complementi, pronomi, preposizioni, ecc. E, come fatto in modo più sintetico nel livello inferiore, in questo gruppo parlavo pure di alcuni aspetti fisici ed amministrativi della nostra penisola, anche per arricchire ulteriormente il patrimonio lessicale degli alunni. Per la stessa ragione, non mancavo di fare alcune considerazioni su qualche periodo o personaggio storico italiano (vedi es. 45, pag. 46) e su protagonisti italiani dello sport, dello spettacolo, ma anche della politica, del momento, inquadrandoli nel contesto europeo e mondiale.
5.4.2.
Quinto
gruppo di apprendimento
Di
questo gruppo facevano parte gli alunni delle ultime classi del livello
secondario inferiore, già in possesso di una più che discreta competenza
linguistica. Da questi discenti cercavo di ottenere un ulteriore affinamento
della pronunzia, dell’intonazione (vedi: tab. 28, p. 28) e nella lettura un’altrettanta correttezza fonetica
ed espressiva. A questo riguardo usavo alcune tabelle, delle cassette audio e
video, e dei CD. E cercavo pure di avvicinare gli allievi ad alcuni brani
della nostra letteratura classica, allo scopo di confrontarli anche con le forme
lessicali e morfosintattiche
del passato.Qualche brano tratto dalla Divina Commedia lo usavo, p. es. per
far notare che il vocabolario usato dal Poeta sette secoli fa non è poi così
lontano dal nostro italiano contemporaneo. Ma
anche altri testi mi davano molti spunti per esporre ed approfondire il discorso
su alcune regole sull’uso dei tempi verbali al passato: la celebre descrizione
della fuga dal paese natio di Renzo e Lucia (imperfetto nelle
descrizioni), ma anche l’incontro di Don Abbondio con i bravi (perfetto
e imperfetto). Come
già detto: tra le difficoltà che i
germanofoni (e miei alunni, nati o cresciuti
all’estero, di seconda e di terza generazione, in qualche maniera, lo erano)
incontrano nell’apprendimento della lingua italiana, vi è quella connessa al
corretto uso di questi tempi. Non è raro il caso, perciò, di sentir dire da
ragazzi italiani: *“Ieri andavo in gelateria e compravo un gelato”.
Conclusione
Per concludere questo discorso sul mio trentennale insegnamento nella scuola dell’obbligo, desidero ricordare ancora una volta che molti degli esercizi da me proposti, oltre, s’intende, a cercar di far migliorare la competenza linguistica generale degli alunni, tendevano a far superare loro anche le interferenze negative generate dal tedesco. Interferenze, veri punti dolenti, già in parte accennati e che emergevano puntualmente nelle relazioni orali e scritte dei miei scolari. Basti pensare anche a: *Sono sette anni (vecchio) (Ich bin sieben Jahre alt) al posto di: Ho sette anni, o anche a: *A me va bene (Mir geht es gut) per: (Io) sto bene, ecc. Ma anche alle difficoltà legate all’uso delle forme verbali al passato, del periodo ipotetico, ecc. Tutto questo perché, dei miei alunni di allora, esaminati in una mia ricerca del 2000, soltanto il 24% era nato in Italia e il 28% proveniva da coppie miste. Per il resto si trattava di scolari, spesso, di terza generazione e anche per coloro che erano nati in Italia, di scolari che, comunque, si trovavano in Baviera fin da piccoli. Quindi con una pronunciata dominanza del tedesco sull’italiano. Una situazione, in fondo, non tanto diversa da quando, nell’anno 1979/80 ero entrato nel servizio scolastico in Svevia e mi ero ritrovato dinanzi i genitori, gli zii (i nonni, nei corsi serali di scuola media o professionali da me coordinati, vedi: III Media) dei miei alunni degli anni 2000. Sia nei primi anni che negli ultimi anni d’insegnamento, nell’elaborazione e nell’assegnazione dei miei compiti, mi preoccupai sempre di realizzare strategie atte innanzi tutto a rendere il più possibile interessante, motivante ed appetibile la nostra lingua ai miei discenti. Delle strategie atte a far superare loro, non solo le difficoltà prodotte dalle interferenze negative a motivo dalla dominanza dalla lingua di Goethe su quella nostra, ma anche da quelle, per nulla da sottovalutare, causate dai diversi modi di concepire e di gestire le relazioni interpersonali nelle nostre due culture. E non da ultimo da sentimenti di estraneamento, rabbia, ostilità, indecisione, frustrazione, tristezza per la lontananza dai parenti in Italia. Quindi sentimenti che, da quello che ebbi modo di verificare nei miei anni di insegnamento nelle primarie e secondarie, venivano e vengono provati nei confronti delle due lingue e culture: e da scolari che rifiutano la lingua e la cultura tedesca perché le sentono estranee, ostili, e da alunni che respingono la nostra lingua e cultura perché le considerano superflue ed ingombranti e quindi un ostacolo all’integrazione e all'apprendimento del tedesco. Voglio inserire quindi alcune dichiarazioni da me raccolte nel corso degli anni giusto per paragonarle a qualcuna ricevuta recentemente (due addirittura nel mese di aprile del 2010, una da parte di uno dei miei alunni degli anni 80, che compare nella figura 54, con cui mi sono incontrato per una circostanza fortuita, in cui mi è stato per l'ennesima volta: "Se non avessi avuto Lei come insegnante, adesso non avrei questo impiego...", e un'altra che inserisco tra le testimonianze scritte qui di seguito).
Cominciamo con un paio di testimonianze da parte del gruppo degli adolescenti, risalenti al periodo in cui, negli anni 80, iniziai ad insegnare nei corsi di lingua e cultura italiana in Svevia, in particolare in Algovia, e mi trovai, molto spesso, davanti a questa situazione di repulsione nei riguardi della nostra lingua. Abituati com’erano i miei alunni con alcuni insegnanti degli anni precedenti, che, spesso, per il fatto che non venivano retribuiti regolarmente, abbandonavano i corsi o, peggio non si impegnavano più di tanto, nel momento in cui presi servizio io in quella zona, quasi quarantenne, molto motivato, parecchi di loro ebbero un vero e proprio shock culturale. Una prima testimonianza:
*Io voglio che la
scuola Italiana fosse diverso. Cioè, come quando stava *** lui ci faceva
giocare quasi sempre fuori, poi quando eravamo pocchi a scuola Italiana c’è
ne mandava a casa, era tutto diverso da questa scuola qua, però io mi piace
andare a scuola italiana però alle volte nò perche ci sono delle ragazze che
non vengano è siamo pochi ma il maestro anche se siamo pochi ci fa sempre
scrivere è leggere è a me questo non mi piace. A me mi piace scrivere quando
ci sono tutti a scuola Italiana perche è più bello che ci siamo a sei. Io
voglio che la scuola Italiana si togliesse da mezzo perche non mi piace, perche
ci abasta già che andiamo alla scuola tedesca è già è a sai è quindi non mi
piace. A me piacesse quando andiamo a passeggio o pure quando giocamo o pure a
imparare qualche poesie poi l’anno scorso facevamo Solo una volta alla
settimana ma invece questo anno 2 volte alla settimana ma io voglio come prima
la scuola Italiana.
(R. D., 7. classe , live. seco. infe., cfr.: 3.1, inse. alu.), di origine campana. Composizione sul tema: Come vorresti che fosse la lezione di italiano. 19/6/1980. (48).
A parte l’insistenza sulla distinzione: scuola italiana e scuola tedesca,
che, specie in Baviera e quindi in Svevia e in Algovia, non doveva esistere,
dato che l’italiano, fino a qualche anno fa era una delle materie che potevano
essere scelte liberamente tra quelle facenti parte del curriculum scolastico, in
questo brano, si nota un rifiuto della lingua, o meglio del modo in cui essa
veniva da me somministrata. Un rifiuto che, peraltro viene espresso in modo
confuso e pieno di contraddizioni. Da notare certe interferenze negative dal
tedesco e dal campano: diverso
(pensare alle o ed e
finali campane pronunziate
in modo sfumato), stava al posto di c’era,
però
io mi piace (che mi ricorda quel famoso
libro ambientato in una scuola
campana e portato sulla scena dal bravissimo Villaggio; incongruenza, che,
comunque, veniva e viene commessa un po’ ovunque), vengano, a
me mi (ridondanza spagnolesca, si pensi alla
dominazione), ci
siamo a sei
(assai),
si pensi qui all’assai usato molto spesso a Napoli (ti voglie bbene
assaie…) con
l’interessantissima commista interferenza negativa dal tedesco del dittongo ei che si legge
ai,
e ancora: giocamo, ecc.
Un’altra testimonianza, anche questa di tanti anni fa, per me particolarmente importante, specie per il fatto che, vent’anni dopo, (per un certo periodo) mi sono ritrovato in classe un bambino e una bambina di questa mia ex-alunna, che, sia nel parlare che nello scrivere, compivano i medesimi errori della loro mamma. Ahimè! A mia parziale discolpa posso dire che la madre, negli anni Ottanta frequentava le mie lezioni a singhiozzo e solamente per un anno e che anche i suoi figli (durante la frequenza) non scherzavano in fatto di assenze. Assenze puntualmente giustificate da fantasiose giustificazioni dalla più che condiscendente genitrice!
*A me non da ressa (interessa)
la scuola Italiana per che il maestro Grasso non va a baschezzare (passeggiare)
e non skreza (scherza). Il maestro *** amece (invece) faceva
redere, e non cosi Giograffia e faeva piu facelle le cosi…
V. G., 9. classe (live. seco. infe.; cfr.: 3.1.), di origine siciliana. Composizione sul tema: Come vorresti che fosse la lezione di italiano. 19/6/1980. (49)
Qui il dialetto siciliano parlato a casa (si trattava di tre famiglie imparentate tra di loro, i cui figli, durante i miei anni di insegnamento in quella zona, frequentarono, alcuni anche con profitto, le mie lezioni (e con i quali rimasi per lungo tempo in corrispondenza) veniva scambiato per italiano. Interessante l’aggettivo Italiana scritto quasi sempre con la i maiuscola… Un rispetto congenito, ereditato dai nonni? In ogni caso, anche qui si nota un netto rifiuto della lingua. Ma soprattutto dell’intensità con cui essa veniva impartita. Tant’è vero che, successivamente, i due figli della mia ex-alunna, non frequentarono più le mie lezioni, molto probabilmente, per lo stesso motivo. Questi alunni, però, non mancavano di venire a trovarmi in classe all’uscita di altre lezioni pomeridiane, e qui era interessante osservare i sentimenti che trasparivano dai loro visi. Dato che non erano più iscritti alle mie lezioni, senza obbligo quindi di presenza, stavano volentieri in classe, come ospiti, anche per qualche mezzora…
Ma, come già detto, se c’erano alunni che rifiutavano o rifiutano l’italiano, ce ne sono altri che avevano o hanno lo stesso atteggiamento di insofferenza nei riguardi del tedesco.
Ecco l’opinione di due alunne di origine campana
nei confronti dei tedeschi in un periodo particolarmente caldo per la zona
interessata in cui veniva chiusa un’importante fabbrica di calze. Se da un
lato le famiglie italiane che vi avevano lavorato, quasi sempre a cottimo e,
talvolta, con lunghi, massacranti straordinari, vi avevano guadagnato i soldi
che erano serviti a costruire o a iniziare la costruzione della casetta al
paese, dall’altro lato ora esse ne uscivano, spesso, senza la prospettiva di
un altro lavoro nell’immediato futuro e semidistrutte sia moralmente che
socialmente.
*Io
non sopporto che i tedeschi odiono gli stranieri che dicono che noi stranieri
veniamo in Germania per rubarli il lavoro che noi in Italia non abbiamo la
possibilità di avere un lavoro fisso e che andiamo nelle altri posti, Io penso
che è una cosa assurda quello che loro dicono e che pensano. Noi Italiani…
non abbiamo nessun torto perchè siamo in Germania nell’ loro stato. Loro
credono che sono super uomini quando ci sfottono e dicono tante cose contro gli
italiani… Però loro non pensano che noi stiamo nell’ loro stato per
sacrifici per avere un avvenire io però spero che si cambiano.
C. I., 7. classe (live. seco. infe.; cfr.: 3.1, inse. alu.), di origine campana. Composizione sul tema: Prendi posizione su un avvenimento o un problema attuale, esprimendo la tua opinione al riguardo. 5/6/1989. (50)
Sembra quasi di udire l’accorato sfogo di una piccola extracomunitaria nell’Italia dei giorni di questa mia ricerca, ma anche dei nostri giorni, mutatasi, ormai da tempo, da terra di emigrazione in terra di immigrazione!
Ma continuiamo con un’altra sua coetanea, in possesso di migliori competenze linguistiche (a parte il periodo ipotetico, l’uso del congiuntivo, ecc.), per aver frequentato più classi in Italia, e che rincara la dose. Bisogna dar atto però che essa conclude l’elaborato con notevole obiettività: Però non tutti, e quasi con un presagio: Se loro (o altre persone) venissero in Italia…
*I
tedeschi contro i stranieri! Io penso di questo fatto che molti tedeschi sono
anche malvagi quando dicono “scheiß Ausländer”
tradotto in italiano “stranieri di merda”.
M. A., 8.
classe (live. seco. infe., cfr.:
3.1, inse. alu.), di origine campana. Composizione sul tema: Prendi posizione
su un avvenimento o un problema attuale, esprimendo la tua opinione al riguardo.
5/6/1989. (51)
Prima però di chiudere questa
breve carrellata, desidero aggiungere qualche altra testimonianza degli anni
Novanta. Si tratta dall’elaborato di un alunno arrivato fresco dall’Italia, che
allora si ritrovò dinanzi una nuova mamma e un nuovo fratellino e che,
in quella situazione, provò serie difficoltà di inserimento nel nuovo ambiente;
(era un alunno laziale allora ricongiuntosi con il
padre (divorziato dalla sua mamma rimasta in Italia) e con la sua nuova moglie
siciliana (mia alunna piuttosto esemplare dei primi anni Ottanta e anche lei
divorziata, con un bambino). Poi il ragazzo superò (e come!) il primo impatto
con la lingua, la cultura e l’ambiente tedesco e si è trasformò in un uno di
quei nostri bellissimi tenebrosi e sicuri giovanotti mediterranei che facevano e
fanno letteralmente impazzire le bellezze locali, italiane e no. In seguito lo
persi di vista...)
*A me piace la mia
lingua. C’erti ragozzi a causa per la mia ligua mi sfottevano. A casa mia
madre mi parla in tedesco e io imparo tante parole e mio padre non sa parlare più
l’Italiano. Una volta ho incontrato una maestra tedesca e lei disse che io
dovevo dimenticare la mia ligua e io li ho risposto: perché non dimendica la
sua ligua? E lei se ne andò…
E. D., 4. classe (live. prima., cfr.: 3.1, inse. alu.), alunno laziale (confr.: nota 1, pag. 51). Composizione sul tema: Secondo te, i bambini italiani, a casa, devono parlare in italiano o in tedesco? Tu come parli?. 16/5/1994. (52)
Chiara la visione della situazione e altrettanto sicura e pronta la risposta di questo bambino undicenne pur se in mezzo a diversi ostacoli: Perché non dimentica la sua lingua? E anche notevole l’analisi della medesima problematica da parte di un altro alunno quattordicenne del livello secondario, seppure in una forma, specie ortografica, più che zoppicante:
*Io
dico che per i banbini italiani è meglio parlare italiano. Perche se la madre o
il Padre del banbino non sano parlare bene il Tedesco i banbini il Tedesco non
lo posono mai imparare bene. Se genitori dicono una parola in Tedesco sbaliato i
banbini L’iparano come lo dicono i genitori. Io a casa parlo il calabrese
perche i mie genitori il Tedesco non lo sano parlare bene e in calabrese in vege
si. In vege L’italiano nolo parlo io perche mi vergonio se io facio uno
spaglio o paura che si metano a ridere e perche questo parlo pure co gli amici
Italiani in Calabrese o
in Tedesco…
D.
G., 8. classe (live.
seco. infe., cfr.: 3.1, inse. alu.), figlio di bravi e laboriosi calabresi.
Composizione sul tema: Secondo te, i bambini italiani, a casa, devono
parlare in italiano o in tedesco? Tu come parli? 16/5/1994. (53)
Quest’alunno, qualche anno dopo, superato il disagio e una certa
avversione nei confronti della nostra lingua (grazie all’opera di
convincimento dei genitori e, forse, a ciò che aveva imparato da me), frequentò
un corso di recupero serale della III media da me coordinato e, anche se per il
rotto della cuffia, superò il relativo esame finale.
Ulteriori commenti, credo, che si
lascino fare da sé. Dopo aver parlato nei capitoli precedenti dei temi, dei
compiti e delle verifiche (vedi: la mia ricerca sull’insegnamento
dell’italiano in Baviera) da me realizzati nelle mie lezioni di italiano, mi
premeva, anche a sostegno di quanto da me esposto sui problemi da affrontare
nella realizzazione del curricolo per l’italiano, far parlare anche qualcuno
dei miei alunni.
Da queste testimonianze traspaiono spesso la difficoltà, l’avversione talvolta, per la nostra lingua, sentita come straniera da diversi figli degli immigrati, per il fatto di aver frequentato sin da piccolissimi e in modo intenso l’ambiente tedesco. Si pensi a quei vicini tedeschi disponibili e amorevoli, pronti a fungere da Großeltern (nonni… Lo sono anch’io pur non avendo avuto figli!) o da zii nei confronti di quei bambolotti mediterranei dei coinquilini (che poi, puntualmente, li invitano a delle pantagrueliche spaghettate & Co… e anche per le ferie in Italia). O anche all’asilo tedesco, in cui i nostri bambini sono accuditi da amorevolissime Tanten (zie), che non sanno una parola di italiano (e, del resto, nemmeno di turco, spagnolo, ecc.).
È chiaro quindi che, nel momento in cui questi bambini iniziano le
classi elementari e, talvolta, nolenti, venivano e vengono iscritti al corso di
italiano, l’impatto con questa nostra lingua venga vissuto da loro con
disagio, e che spesso ci troviamo davanti a degli shock
culturali veri e propri, dato che questi alunni non
vedono la necessità e l’utilità immediata di quest’altra lingua, talvolta
nemmeno parlata dai genitori, veri e propri
dialettofoni.
E comprensibile è anche il fastidio, l’avversione, addirittura, provati nei riguardi del tedesco da parte di quegli alunni immersi nei primi anni della loro vita in un ambiente esclusivamente italiano. Cosa che, in passato, poteva essere più comprensibile in un bambino cresciuto in Italia (in assenza di altre lingue e culture), ma che non può essere invece più condivisibile in una società multiculturale come quella europea. In questo senso, il ruolo della scuola, dell’insegnamento di una lingua e cultura deve servire ad abbattere non solo le barriere linguistiche ma anche quelle culturali.
Per concludere il discorso sui sentimenti di tanti studenti italiani in Baviera sarà opportuno leggere anche le testimonianze scritte da alcuni miei alunni per una ricerca di alcuni anni fa dell'Università di Salerno (vedi: link 1 - 8 in fondo a questa pagina).
Nelle tabelle seguenti si possono vedere infine il movimento degli alunni e i voti da loro riportati dagli anni 80 sino al 2000, anno in cui la frequenza cominciò a scendere sensibilmente come ricordato al capitolo 1.
E, per terminare, anche per dare un volto alla nostra emigrazione in Germania degli anni 80, ma anche a qualche discente degli sfoghi delle pagine precedenti, inserisco una foto dei primi anni 80 con un gruppo dei miei alunni di allora (Sonthofen) in cui è presente qualche autore e qualche autrice degli sfoghi precedenti. In più allego alcune testimonianze di varia natura raccolte in questi mie anni di attività; in più alcune foto riprese nel mio ultimo anno di insegnamento, anche per fare un paragone tra la situazione degli anni 80 con quella del 2008.
MOVIMENTI ANNUALI DEGLI ALUNNI CHE FREQUENTAVANO I CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA NELLE CITTÀ DI SONTHOFEN, IMMENSTADT, LINDENBERG E LINDAU DALL'ANNO SCOLASTICO 1979/80 ALL'ANNO SCOLASTICO 1999/2000 |
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VOTI MEDI FINALI RIPORTATI DAGLI ALUNNI DEI CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA NELLE
CITTÀ DI
SONTHOFEN, IMMENSTADT, LINDENBERG E LINDAU (1979/80 – 1999/2000) |
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anno media annuale |
79/80 |
80/81 |
81/82 |
82/83 |
83/84 |
84/85 |
85/86 |
86/87 |
87/88 |
88/89 |
89/90 |
90/91 |
91/92 |
92/93 |
93/94 |
94/95 |
95/96 |
96/97 |
97/98 |
98/99 |
99/00 |
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2,66 |
2,87 |
2,49 |
2,39 |
2,73 |
2,80 |
3,00 | 3,20 |
3,42 |
3,81 | 3,44 |
3,36 |
3,05 |
3,05 |
3, |
2,81 |
2, |
2,91 |
2,89 | 2,88 |
2,68 |
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media dal 1979/1980 al 1999/2000: 2,95 |
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TAVOLA DELLA VALUTAZIONI VIGENTI IN BAVIERA |
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1 |
à | sehr gut | ottimo | |||||||||||||||||||||
2 |
à | gut | buono | |||||||||||||||||||||
3 |
à | befriedigend | discreto | |||||||||||||||||||||
4 |
à | ausreichend | sufficiente | |||||||||||||||||||||
5 |
à | nicht ausreichend | insufficiente |
Un gruppo di studenti del livello secondario inferiore dei Corsi di Lingua e Cultura Italiana di Sonthofen negli anni 80
Ecco, a distanza di 36 anni, due delle mie alunne degli anni 80, con le queli mi sono incontrato con molto piacere nell'autunno del 2016 nella zona pedonale di Kempten
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Tre dei miei Corsi di Lingua e Cultura Italiana nel mio ultimo anno di insegnamento (2007/08) A sinistra: alcuni alunni di Immenstadt, al centro un gruppo di scolari di Lindau, a destra alcuni alunni di Sonthofen
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Auguri di Pasqua da Immenstadt |
Primavera a Sonthofen |
Auguri di Buon Carnevale da Lindau |
Congratulazioni, ringraziamento ed invito dall'OB Dr. Netzer |