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                Pag. 16 Corrispondenze            Corriere d'Italia. Febbraio 2018

 

 

Una proposta alla Redazione

 

Fernando Grasso

Interessantissimo l’articolo della Dr.ssa Linardi “La morte è una livella” (dalla celebre poesia del grande Totò). Che devo dire? Indovinassimo il parallelo che la Caporedattrice fa tra il rientro in Italia della salma di Vittorio Emanuele III – a spese dello Stato – (e qui vi si potrebbe aggiungere anche il famoso: "E io pago!") e un auspicabile rientro dei resti di ben 4.500 caduti sepolti a Francoforte/Westhausen – a spese dei familiari però – (anche se ridimensionate, in seguito all’interessamento del Consolato Generale di Francoforte sul Meno).

Rifacendosi a una delle ultime frasi che ‘o scupatore rivolge al Marchese “‘A morte ‘o ssaje ched’’è?… è una livella!”, si chiede la Dr.ssa Linardi: Perché le spoglie di Vittorio Emanuele III tornano in Patria con un aereo di Stato e le spoglie di quella povera gente morta in Germania… possono tornare a casa solo a pagamento?”. Perché, continua Linardi, non chiedere ai Candidati dei partiti della Circoscrizione Estero, in competizione per le imminenti elezioni, che inseriscano nel loro programma una proposta di legge ad hoc? O perché non domandare ai Consiglieri Comunali Italiani di Francoforte, che si interessino al caso? Non me la sento di rispondere, gentile Dottoressa! Anche perché la questione, a parer mio, solleverebbe un vero vespaio! Pensiamo, per esempio, alle migliaia di caduti italiani sparsi in Europa, nel mondo, o, anche, alle migliaia di soldati stranieri sepolti in Italia!

Io farei, piuttosto, un’altra proposta, anche perché i pochi superstiti (come la Neosenatrice a vita Liliana Segre) e i parenti più direttamente interessati (spose, fratelli, sorelle), nel frattempo, avranno raggiunto i loro cari congiunti. La inviterei, invece, gentile Dottoressa, a farsi promotrice di una campagna divulgativa presso i nostri connazionali, che sono stati internati, o che hanno dei parenti che sono stati internati o sono morti nei Lager, affinché avanzino la richiesta di una medaglia d’onore per se stessi, o in memoria dei propri cari, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in base alla legge 27/12/2006, n. 296, art. 1, commi 1271-1276. O – come dirò più sotto – si attivino presso gli Enti competenti, perché li aiutino a ritrovare i congiunti dispersi.

Cosa che, anni fa, abbiamo fatto io e mia moglie (ambedue settantacinquenni nel frattempo): lei per un suo zio materno (D’Amico Giuseppe, classe 1920, morto di pleurite (?) nel 1943 nel campo di Gewelsberg/Nordrein-Westfalien ) e io per mio padre, sopravvissuto (Grasso Francesco Paolo, classe 1914, due anni di internamento a Berger Belsen, nella Lünebürger Heide, rientrato in Italia nel ’45, ritornato in Germania come Gastarbeiter nel ’65; anche perché il mestiere di barbiere – che lo aveva salvato durante la prigionia – nel dopoguerra, non gli consentiva di sfamare la famiglia in Sicilia. Nel ‘79, poi, dopo pochi mesi dal suo secondo ritorno in Sicilia, mio padre è deceduto, forse… a causa di avvelenamento da amianto, contratto, con molta probabilità, in una fabbrica bavarese).

Una Medaglia che non riporterà in vita e che non ci riporterà a casa i nostri cari, (ma quale casa… se una buona parte di noi italiani, si trova sparsa per il mondo?). Questo riconoscimento, però, potrà, forse, supplire – almeno in parte – al mancato rientro in patria di queste salme sparse anche nei più lontani cimiteri al di fuori dei nostri confini. D’altro canto questi caduti, da quanto mi risulta, vengono ricordati e onorati in tutte le città, in cui sono sepolti, dalle nostre Rappresentanze Diplomatiche, dalle nostre Missioni, presenti ovunque e dai Connazionali che partecipano attivamente a queste Cerimonie, spesso riportate dal Corriere. Basta vedere gli articoli (alcuni scritti da me) del Corriere o del Webgiornale – ma anche di altre testate – sulle onoranze funebri annuali organizzate dalle nostre Sedi Diplomatiche e anche il recente articolo sul Waldfriedhof di Monaco, riguardante il ripristino di alcune sepolture per interessamento del Consolato di Monaco di Baviera, riportato nel numero di novembre-dicembre 2017 dal periodico La Voce della Baviera; e ripreso, nel frattempo dal Corriere, online, e nell'edizione cartacea del numero di Febbraio 2018, a pag. 9.

E anche nel caso dello zio di mia moglie non posso che attestare la sollecitudine dimostrata dalla Croce Rossa Bavarese, dall’Agenzia Tedesca (WASt) per la ricerca dei caduti e dispersi in guerra e la notifica ai parenti prossimi (e qui invito i lettori interessati a mettersi in contatto con questa agenzia nel caso avessero la necessità di ritrovare congiunti dispersi) e, non per ultimo per importanza, l’interessamento del Consolato Generale di Francoforte sul Meno, che ci hanno indicato la collocazione della tomba del nostro congiunto (D’Amico Giuseppe, Fila E2, tomba 20) nel Cimitero Italiano di Francoforte/Weshausen, inviandoci anche una foto della sepoltura, che, sarà una di quelle visibili nell’immagine a pag. 6 del Corriere di gennaio.

Un’ultima cosa: Le medaglie d’onore, riservate ai caduti o agli internati in lager nazisti, assegnate a mio padre e allo zio di mia moglie, ci sono state consegnate in occasione del 50° della Cappella Italiana sul Colle Leitemberg (Dachau) il 2 Novembre 2013, dall’allora Console Generale in Baviera, Filippo Scammacca del Murgo e dell’Agnone, alla presenza dell’Arcivescovo di Monaco e Freising, Cardinale Reinhard Marx, attuale Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca. Erano presenti inoltre: l’Arcivescovo di Trento, Mons. Luigi Bressan, in rappresentanza della Conferenza Episcopale Italiana, diverse Associazioni di reduci, molte autorità, civili, militari e religiose, italiane e tedesche.

E spero, al più presto di andare a visitare con mia moglie la tomba di questo zio, di portargli un fiore e onorarla ponendovi sopra (anche per qualche minuto), la sua medaglia, in compagnia di un magistrato tedesco in pensione, che, oltre ad essere un caro amico e bravo allievo, è un grande e appassionato cultore della nostra lingua e della nostra cultura (vedi: pag, 16 del Corriere di dicembre “Buone Feste! Rosatellum Co”).