Discorso di saluto al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, concordato tra i Presidenti dei Comites di Norimberga e Monaco di Baviera 

e letto dal Presidente del Comites di Monaco, Claudio Cumani

Gentile Presidente

È per noi fonte di onore e gioia il poterLa accogliere qui, oggi.

La Baviera è il Land della Germania che forse più di ogni altro ha tradizionali, forti e durevoli legami con l’Italia. E ciò è particolarmente vero per Monaco che – non a caso – i suoi abitanti amano definire “die nördlichste Stadt Italiens“ (“la città più settentrionale d’Italia”). Le relazioni fra la Baviera e l’Italia non si sono mai interrotte dai tempi dell’Impero Romano ad oggi. Tra le numerose tracce troviamo i palazzi e monumenti di stile rinascimentale che i sovrani bavaresi hanno voluto costruire, richiamandosi esplicitamente all’architettura italiana.

E se già nel 1300 i mercanti veneziani avevano qui una “Haus Venediger“ come punto di raccordo dei loro commerci col Nord Europa, ancora oggi la Baviera e l’Italia tessono importanti relazioni economiche: l’Italia è il quarto partner commerciale della Baviera e nel primo semestre del 2012 questo Land si è aggiudicato ben 6 dei 30 miliardi di Euro di esportazioni dalla Germania verso l’Italia.

Ma questa città e questo Land sono anche – ovviamente – intimamente legate alla storia della Germania, alle sue pagine più buie, come a quelle più nobili. Per riandare solo al secolo appena trascorso, al termine del primo conflitto mondiale, Monaco vive la stagione della rivoluzione che proclama la Repubblica, il “Freistaat Bayern“ (come questo Land si chiama ancora oggi). E proprio alle pareti del palazzo in cui ci troviamo, il suo amato e stimato primo presidente – il socialdemocratico indipendente Kurt Eisner – fu assassinato nel febbraio del 1919 da un nobile appartenente ad una famiglia di lontana origine italiana.

Monaco divenne poi il maggior centro di diffusione del nazismo, la “capitale del movimento“, come fu ufficialmente definita. E però qui, in questa città, Georg Elser nel 1939 organizzò l’attentato ad Hitler che fallì per un soffio (e per questo fu assassinato a Dachau, pochi giorni prima della liberazione del campo). Qui il 17enne Walter Klingenback organizzò nel 1941 una radio clandestina, per la quale fu arrestato e ghigliottinato. Qui nel 1942-43 operò la “Weiße Rose“ (“Rosa Bianca”), il gruppo di cinque studenti ed un professore della locale Università, che furono tutti decapitati (tre di loro – Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst – il 22 febbraio del 1943, esattamente 70 anni fa, gli altri – Alexander Schmorell, Kurt Huber, Willi Graf – qualche mese dopo).

Qui in Baviera, a Norimberga, dopo il secondo conflitto mondiale, si tennero quei processi che segnarono per la Germania un momento importante di inizio di presa d’atto e di rottura nei confronti della propria storia. Un atto che purtroppo è mancato nel nostro Paese, che infatti stenta ancora ad affrontare un serio, coraggioso (anche 
sofferto) percorso di “rielaborazione del proprio passato“ (sia esso coloniale, che fascista, che di paese aggressore ed invasore durante la guerra). Una rielaborazione che Lei, signor Presidente, più volte ha auspicato e per la quale con coerenza si è mosso, fino all’incontro con i presidenti sloveno e croato avvenuto il luglio 2010 nella mia città, Trieste: un momento alto e significativo del Suo mandato, per il quale La ringrazio con riconoscenza.

In Baviera vivono oggi 104.000 italiani, 22.000 nella sola Monaco. È una comunità giovane, nella quale il 43% ha meno di trent'anni e solo l'8% più di sessantacinque. Una comunità che negli ultimi anni ha ripreso a crescere sempre più velocemente, grazie ad una nuova emigrazione composta in parte significativa da studenti, ricercatori, funzionari degli organismi internazionali, esperti finanziari, professionisti. Una emigrazione in ripresa che è simbolo di un’Europa sempre più mobile e senza frontiere, ma anche di un’Italia in crisi.

Quella italiana è una comunità che da una parte si può pensare integrata: non a caso gli italiani sono – in Gemania – il gruppo nazionale col più alto tasso di amicizie ed unioni "miste" (ormai da anni la grande maggioranza). Ma una comunità che vive ancora grosse difficoltà: per esempio nella scuola, dove i giovani italiani (almeno quelli delle famiglie mononazionali) sono fra quelli più presenti nelle scuole di sostegno e meno presenti nei licei.

E’ questa comunità che rappresento, signor Presidente, che oggi La accoglie con stima e rispetto.

Nella politica italiana Lei è stato in questi anni per tutti noi garanzia di equilibrio e pacatezza, di misura e senso dello Stato. Per tutti noi Lei ha rappresentato all’estero il volto serio, onesto e rispettabile del nostro Paese, nel quale poterci riconoscere.

Per questo siamo felici ed orgogliosi di averLa con noi, quasi a conclusione del Suo settennato, per poterLa ascoltare ancora una volta, per poterLe esprimere di persona la nostra gratitudine, per poterLe consegnare il messaggio che inviamo al nostro nuovo Parlamento: siate all’altezza della storia del nostro Paese, siate all’altezza dei grandi problemi e delle sfide cui il nostro Paese si trova oggi di fronte, superate egoismi ed interessi personali, impegnatevi seriamente e disinteressatamente per ridare un futuro all’Italia.

Lei lo sa bene: spesso in passato il nostro Paese ha dato il meglio di sé proprio nei momenti difficili, nelle emergenze. Noi confidiamo che anche questa volta ce la farà. Noi italiani all’estero siamo pronti a fare la nostra parte per sostenere l’Italia, per aiutare a sprovincializzare la politica italiana e – mi permetto di dire – il Paese intero: con le nostre conoscenze, con le nostre competenze, con le reti di relazioni che abbiamo costruito con le istituzioni, le amministrazioni, gli enti, i partiti locali. Perché il nostro futuro è l’Europa, l’unione politica dell’Europa, l’evoluzione degli stati 
nazionali europei in una Europa federale “libera ed unita“, come scrivevano negli anni ’40 – confinati a Ventotene – gli antifascisti Spinelli, Rossi e Colorni, nel loro Manifesto così ancora attuale e profetico.

L’Europa è il nostro futuro e il nostro impegno.

E siamo sicuri che in questo impegno potremo sempre contare sul Suo prezioso contributo e sostegno.

Grazie di cuore